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Qualche scatoletta, pochi soldi e le TreCime: ricordo d'altri tempi di Maurizio Luise

Writer's picture: Daniele Izzo Daniele Izzo

Essere se’ stessi. Sembrerà una banalità, ma in montagna devi essere te stesso. Non devi strafare, lei ti aspetta. E se non riesco? Ritenta. Lei ti educa agli insuccessi, a far fronte a slogature, pioggia, freddo e chi più ne ha più ne metta. Ma quel che la montagna non ti ha dato oggi, potrebbe dartelo in futuro. Essa è specchio della vita, ti capisce fin da subito, adatta ritmi ed obiettivi alle facoltà del suo camminatore: se, infatti, oggi sei una lepre e correrai forte perché sei giovane, un domani sarai una tartaruga che, non solo, andrà più lentamente, ma pondererà il peso del singolo passo. La montagna ti accoglie. La montagna ti aspetta. La montagna è scuola di vita.

 

Correva l’anno 1969. Era una fresca mattinata veneta di mezza estate. Ore. 4:57, Venezia, stazione ‘Santa Lucia’. Presi il primo treno che partiva in direzione Calalzo di Cadore. Un’Odissea, se immaginata con mezzi e ritmi del giorno d’oggi: due cambi, il primo a Treviso, il secondo a Ponte nelle Alpi. Arrivato a Calalzo presi il bus che mi portò fino alla Perla delle Dolomiti, Cortina d’Ampezzo. Da li, però, la strada era ancora tanta e di taxi neanche a parlarne, e le linee bus erano poche e facevano le tratte essenziali al sostentamento lavorativo della zona. ‘Come si faceva?’ mi starete chiedendo. Si faceva a piedi, sperando che qualche macchina si fermasse di fronte al mio pollice alzato. Autostop. Fui fortunato: ad Alverà (località nei pressi di Cortina) mi raccolse un tedesco che condivideva la mia destinazione, il Rifugio Auronzo. Una volta arrivati, manco fosse ligure, il giovane mi chiese metà del costo del biglietto d’entrata al Rifugio: 500 lire. Un’Odissea appunto. Salutato il mio amico germanico e, zaino in spalla, iniziai il Giro delle Tre Cime di Lavaredo, che è esattamente lo stesso di adesso. La sera iniziava a calare, lo spettacolo del tramonto sulle TreCime era mozzafiato ed io, stanco dal viaggio, ma rincuorato da quella vista meravigliosa, pernottai al Rifugio Locatelli.


Rifugio Antonio Locatelli (1969)

Al mattino ripartii presto direzione Pian di Cengia, dove si trova il Rifugio Emilio Comici, tappa intermedia del mio cammino verso il Rifugio Carducci, situato nel cuore dell’imponente anfiteatro roccioso formato dalle bastionate Est della Croda dei Toni e del Monte Giralba di Sopra.

Rifugio Plan di Cengia (1969)

A causa di un cartello capovolto, però, invece che andare nella direzione prefissatami, stavo andando da tutt’altra parte, ovvero verso la Val Fiscalina; la mia salvezza furono un gruppo di italiani che mi fecero capire l’errore di sentiero intrapreso. Dietrofront. La sera, tuttavia, si avvicinava inesorabile e l’unico modo per non farmi cogliere impreparato dal buio era tagliare il tracciato dove si poteva, di corsa. Il risultato fu che arrivai al Carducci appena in tempo: erano le 20.

Partenza dal Rifugio Carducci (1969)


La mattina seguente presi quello che ora sarebbe il sentiero 103 e, percorsi in discesa tutti i 1350m circa della Val Giralba, arrivai ad Auronzo di Cadore. Lasciavo queste splendide montagne per tornare nella mia Venezia con il secondo bollino della mia esperienza alpina.

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